Gli usi linguistici in Sicilia e a Malta
nel periodo dei Cavalieri
Sviluppi paralleli e contrastanti
dell’italianizzazione

 

GIUSEPPE BRINCAT
Università di Malta

el 1516 Gian Francesco Fortunio pubblicò le Regole grammaticali della volgar lingua e nel 1525 Pietro Bembo pubblicò Le prose della volgar lingua. In questo modo in Italia si diede inizio alla Questione della Lingua che fu dibattuta accanitamente nella prima metà del Cinquecento. Non era un ozioso dibattito letterario perché rispondeva a un’esigenza che fu sentita verso la fine del secolo precedente, quando gli scrittori non toscani riconobbero la preminenza dei capolavori di Dante, Petrarca e Boccaccio e vollero adottare il modello toscano nella propria produzione letteraria. I primi scrittori non toscani che tentarono di allontanarsi dal proprio volgare regionale per avvicinarsi al toscano furono Matteo Maria Boiardo di Ferrara, che scrisse l’Orlando innamorato nel 1483, e Jacopo Sannazzaro, napoletano, che pubblicò l’Arcadia due anni dopo. Non risultò facile l’esercizio di eliminare le peculiarità tipiche della propria parlata e di acquisire le forme prestigiose del toscano, tanto è vero che ciascuno di questi scrittori dovette produrre una seconda edizione riveduta. La tendenza era destinata a durare a lungo, dall’Ariosto che riscrisse l’Orlando furioso tre volte (1516, 1521, 1532) al Manzoni (1821, 1827, 1840) ed era sintomatica

Frontespizio dell’opera di Fra’ Giovanni Francesco Abela, Vicecancelliere dell’Ordine, sulla Descrizione di Malta con la sua collocazione geografica in “mare siciliano”. Tra le opere letterarie, immediatamente successive ed ispirate al Grande Assedio del 1565, cui fa riferimento Abela, viene citata l’opera composta in “rima siciliana” da Alfredo Giarrusso e pubblicata nel 1568 “La longa e crudelissima guerra di Malta con la gloriosa vittoria finalmente ottenuta”.

Frontispiece of the work by Fra’ Giovanni Francesco Abela, Vice-Chancellor of the Order, whose Description of Malta locates the island in the Sicilian sea . Among the literary works immediately following and inspired by the Great Siege of 1565 mentioned by Abela is Alfredo Giarrusso‘s poem written in Sicilian rhyme , published in 1568 and entitled “La longa e crudelissima guerra di Malta con la gloriosa vittoria finalmente ottenuta”.

Frontespizio dell’opera di Fra’ Giovanni Francesco Abela, Vicecancelliere dell’Ordine, sulla Descrizione di Malta con la sua collocazione geografica in “mare siciliano”

delle difficoltà inerenti alla toscanizzazione in tutte le regioni d’Italia. Sempre nei primi decenni del Cinquecento, a Malta sbarcò il Gran Maestro Fra’ Philippe Villiers de l’Isle-Adam e prese possesso delle isole che l’Imperatore Carlo V concesse all’Ordine Gerosolimitano sette anni dopo la loro cacciata da Rodi. Il 13 novembre 1530 i Giurati della Città Notabile si rivolsero al Gran Maestro con le seguenti parole: “Ser.mo Signore. Essendosi degnata SOM sublimare VAS al Principato di quest’isola di Malta e Gozo, e dovendo oggi felicemente prendere il possesso, io ed i miei colleghi, come Giurati di questa città Notabile ed Isola di Malta, riverentemente supplichiamo VAS giurare sopra l’abito della Sua Gran Croce come fecero li ser.mi suoi Predecessori d’osservare, e comandare che siano osservati, tutti li Privilegi, usanze e franchigie dell’Isola concessi dall’Invittissimi Regi d’Aragona e di Sicilia e da’ Magnanimi Principi. Consegno le chiavi di Città Notabile a VAS en segno di Vassallaggio, fedeltà e servitù, e Dio lo conservi con ogni prosperità per lunghi e felicissimi anni. Amen”. Se questo documento (BNM, Libr 355, f. 1), che viene definito semplicemente “copia”, trascrive fedelmente il documento originale (anziché tradurlo), allora costituisce la prima attestazione dell’uso del toscano a Malta e segue di poco, sei anni, il primo documento noto che attesta l’uso del toscano nell’ambito dell’amministrazione in Sicilia: una lettera ufficiale inviata il 3 aprile del 1524 dai Giurati di Monterosso (Ragusa) ai Giurati del vicino centro di Buscemi in un italiano scritto “con qualche lieve imperfezione ma un solo parziale sicilianismo e una notevole durezza di sintassi” (Varvaro 1977: 180), e anticipa di poco, appena cinque anni, il discorso che fece Carlo V al parlamento siciliano a Palermo, nel 1535, in lingua italiana (Giarrizzo 1989: 118). Da allora in Sicilia l’italiano veniva usato sempre durante le sedute ufficiali presiedute dal viceré e nelle sedute sussidiarie delle Deputazioni che si tenevano ogni settimana dal 1570, alle quali partecipavano aristocratici siciliani e funzionari non isolani (Alfieri 1992: 813).

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