Nell’affrontare la
questione degli sviluppi dell’italianizzazione in Sicilia e a
Malta nel periodo dei cavalieri, l’autore, dopo un sintetico
riferimento alla “Questione della Lingua” a lungo dibattuta in
Italia nella prima metà del 1500 (Fortunio, Bembo), apre il suo
studio citando parallelamente un documento stilato nel 1530 dai
Giurati della città nobile a Malta e rivolto al Gran Maestro
Fra’ Philippe Villiers de l’Isle-Adam per la presa di possesso
dell’isola, documento redatto tutto secondo l’uso del toscano.
Allo stesso modo in Sicilia viene attestato nell’ambito
dell’amministrazione siciliana da una lettera ufficiale inviata
nel 1524 dai Giurati di Monterosso ai Giurati di Buscemi, e nel
1535 nel discorso che Carlo V fece in italiano al parlamento
siciliano a Palermo. Da allora in Sicilia l’italiano venne usato
sempre durante le sedute ufficiali.
“Il processo dell’italianizzazione in Sicilia e a Malta coincide
con il periodo del dominio dei cavalieri a Malta, sostiene
l’autore, in quanto in entrambi gli ambienti il potere politico
era in mano straniera. Nella Sicilia castigliana l’uso dello
spagnolo, in seno al trilinguismo ufficiale, era abbastanza
ridotto, come mostrano le prammatiche di cui ben 538 sono in
italiano 180 in latino e 189 in castigliano, queste ultime
limitate a temi di interesse strettamente burocratico, mentre
quelle in italiano trattavano argomenti più pratici e più vari.”
A questi si aggiungevano fattori pratici quali l’immigrazione e
il commercio con varie regioni d’Italia i contatti diplomatici
con le corti italiane, l’influsso crescente di opere letterarie
toscane.
Un canale importante della toscanizzazione era la religione
perchè dopo il concilio di Trento, dal 1588, i parroci
ricevevano il materiale per la catechesi in italiano, trasmesso
ai soldati castigliani in spagnolo e ai parrocchiani in
siciliano. Ma già tra i primi tentativi dell’uso del toscano in
Sicilia vanno menzionati iscrizioni lapidarie, preghiere, un
trattato sull’agricoltura. Successivamente il toscano si diffuse
negli ambienti culturali ed ebbe riconoscimento ufficiale nel
1652 dando inizio a una politica linguistica e sancendo una
situazione già in atto. L’italianizzazione in Sicilia era
avanzata, ma continuava a parlarsi il siciliano e il toscano
restava una lingua libresca.
A Malta nonostante l’esiguo numero di Gran Maestri italiani,
quattro sui ventotto che vi regnarono, l’Ordine adottò
l’italiano come lingua ufficiale da affiancare al latino. La
particolare struttura dell’Ordine basata su raggruppamenti
etnici o statali (Antiche Lingue) oltre ad assegnare ai
cavalieri una doppia nazionalità, li obbligava al bilinguismo:
l’uso del latino sul piano formale per la comunicazione esterna
e l’uso della lingua etnica del gruppo per la comunicazione sul
piano informale. Risultava tuttavia pressante il problema della
lingua di interazione tra le diverse etnie, e sembra che
l’orientamento fosse favorevole all’uso dell’italiano.
Su quale prassi e quale italiano, pone l’accento l’autore. I
cavalieri italiani raggruppati in seno alla |
In addressing the
development of Italianisation in Sicily and Malta during the
period of the knights, the author, after a succinct reference to
the language issue debated at length in Italy during the first
half of the 16th century (Fortunio, Bembo), opens his paper by
citing a document written in 1530 by the jurats of the capital
city, Notabile and addressed to the Grand Master Fra’ Philippe
Villiers de l’Isle-Adam for taking possession of the island, a
document that was entirely in Tuscan. Similarly, in Sicily
Tuscan was spreading at about the same time, in fact the
earliest known documents are the official letter sent in 1524 by
the jurats of Monterosso to the jurats of Buscemi, and the
speech that Charles V made in Italian to the Sicilian parliament
in Palermo in 1535, after which Tuscan was always used during
official sessions in Sicily.
The Tuscanization process in Sicily and Malta coincides with the
period of dominion of the knights on Malta, the author observes
that in both islands political power was in foreign hands. In
Castilian Sicily, Spanish was not widely used in spite the
official trilingualism, because the royal ordinances show that
no less than 538 were written in Italian.
180 in Latin and only 189 in Castilian, the latter pertaining to
the strictly bureaucratic sphere, whereas those in Italian dealt
with more practical and varied topics. Other factors were in
play, such as immigration from and trade with various Italian
regions, diplomatic contacts with Italian courts and the growing
popularity of Tuscan literary works.
An important channel of Tuscanisation was religion, because
after the Council of Trent, (1588), parish priests received
material for religious instruction in Italian and this was
imparted to Castillian soldiers in Spanish and parishioners in
Sicilian. Among the first attempts at the use of Tuscan in
Sicily one finds lapidary inscriptions, prayers, and a treatise
on agriculture. Later on, the Tuscan language spread into
cultural spheres and received official recognition in 1652,
initiating a linguistic policy and sanctioning a custom which
was already prevalent. Thus Italianization advanced but Sicilian
continued to be widely spoken, and Italian remained essentially
a written medium.
In Malta, despite the small number of Italian Grand Masters -
just four out of the twenty-eight reigning there - the Order
adopted Italian as its official language besides Latin. The
Order’s particular structure based on ethnic or state groups
(the ancient Langue), not only gave the Knights a double
nationality, it also made them bilingual. They used Latin on the
formal plane for external relations and their native language
for communications with fellow countrymen. However, the choice
of language of interaction between the different ethnic groups
remained a pressing problem, and it seems that the Italian was
preferred. |