noto che gli scrittori
greci e romani non mostrarono nessun interesse alle lingue che
erano parlate dalle tante popolazioni con le quali vennero in
contatto, e che coltivavano soltanto il greco e il latino. La
stessa tendenza continuò per gran parte del Medioevo poiché in
Europa si riteneva degno di studio soltanto il latino, l’unica
lingua che vantava una letteratura di prestigio e dettagliate
descrizioni grammaticali. Dopo il Mille iniziò l’avanzata delle
lingue locali che, con la nuova organizzazione politica delle
monarchie, basata sull’ampliamento del loro territorio, fece
sentire la nuova esigenza delle lingue nazionali. Il
Quattrocento vide allargarsi l’orizzonte linguistico, prima con
la caduta di Costantinopoli che risvegliò l’interesse degli
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Umanisti al greco, e poi
con i grandi viaggi di esplorazione che portarono missionari,
militari e amministratori europei in contatto con lingue
sconosciute. Il Rinascimento diede inizio a quella che il
linguista inglese Firth chiamò la riscoperta di Babele, e la
curiosità degli eruditi ispirò un autentico movimento
collezionista che cercava campioni di un numero sempre maggiore
di lingue vicine e lontane, sotto la forma di versioni del Pater
noster, di parabole o di semplici liste di parole comuni. Il
collezionismo linguistico andò avanti fino ai primi decenni
dell’Ottocento e l’ingente materiale disponibile permise alla
disciplina linguistica di uscire dal dominio della filosofia per
diventare scientifica con il movimento storico-comparativo.
Una delle tappe più significative del movimento collezionista
fu la pubblicazione del Thesaurus Polyglottus di Hieronymus
Megiser nel 1603. Comprendeva campioni di ben 400 lingue e
dialetti, fra cui il maltese, al quale dedicò l’autore, nel
1606, una monografia intitolata Propugnaculum Europae. Megiser
aveva visitato l’isola nel 1588, sulla scia della notorietà
conferitale dall’eroica resistenza ai Turchi durante l’assedio
del 1565, come indica chiaramente il titolo latino. Grazie al
movimento continuo di membri dell’Ordine che dalle varie regioni
europee convergevano a Malta e dopo qualche anno tornarono a
casa, delle nostre isole si parlava spesso (come attesta la
pubblicazione di un’infinita serie di relazioni di battaglie
navali e di profili di cavalieri eroici; cfr. Freller 1999:
65-68), tanto che per oltre due secoli attirarono una serie di
viaggiatori, molti dei quali pubblicarono, come si usava allora,
il racconto dei loro viaggi. Alcuni, come Megiser,
s’interessarono anche alla lingua maltese per motivi
scientifici. Cavalieri e viaggiatori crearono un ambiente
culturale vivace e aggiornato al quale partecipavano anche gli
isolani. Infatti il primo studioso maltese che si occupò della
lingua locale era legato all’Ordine: Fra Gian Francesco Abela
occupò uffici importanti, era Commendatore e divenne perfino
Vicecancelliere della Sacra ed Eminentissima Religione
Gierosolimitana, come si qualifica sul frontespizio della sua
Descrittione di Malta isola nel mare siciliano stampata nel
1647. Abela diede spiegazioni storiche della lingua secondo
principi di cui alcuni restano validi anche oggi, benché
applicasse anche altri che sono ormai superati. Nel 1672 fu
scritto il secondo più antico componimento poetico in maltese
che ci è pervenuto, ben duecento anni dopo la Cantilena di
Pietro Caxaro composta verso il 1470. Anche questo è sorto
nell’ambiente dell’Ordine perché consiste di quattro quartine in
lode del Gran Maestro Cotoner composte da Giovan Francesco
Bonamico, che era un medico impiegato alla Sacra Infermeria.
L’interesse di alcuni membri dell’Ordine alla parlata maltese
non si poneva soltanto fini accademici. Un altro studioso
locale, il Canonico Gian Francesco Agius De Soldanis, anche lui
legato all’Ordine poiché fu il primo bibliotecario della
Biblioteca Publica, fondata dal Balì Louis Guerin de Tencin nel
1763 a Valletta (oggi la Biblioteca Nazionale di Malta),
produsse una grammatica della lingua maltese che fu pubblicata a
Roma nel 1750. Nell’introduzione rivelò che la scrisse anche per
soddisfare le richieste di alcuni cavalieri che desideravano
imparare la lingua locale, e infatti ne menziona alcuni: “il
Signor Cavaliere Fra Luca D’Argens, attual Commissario della
Sanità; il Signor Cavaliere Deguast Juniore, attual Commissario
della Casa della Carità delle Floriane; il Signor Cavaliere
Giuseppe Turgot Parigino; il Signor Cavalier Laberiviere; il
Signor Cavalier Vittorio Belmont; perché tutti letterati, la
bramano più di tutti” (1750: 61-62). Nomina anche molti
forestieri che erano capaci di parlare il maltese molto bene
(62-63). |