La profondità dell’interesse di alcuni Cavalieri alla lingua maltese è testimoniata dal fatto che riuscirono a produrne grammatiche e dizionari. Una “Grammatica con il suo Dizionario Maltese Italiano Francese, composta dal Commendatore Fra Francesco Bardon” era conservata nella Biblioteca Pubblica nel 1764 (I.S. Mifsud, 1764: 325n.). Un’altra era attribuita al “Cavaliere Francese Thezan”. Purtroppo queste opere non furono stampate, col risultato che oggi i manoscritti menzionati sopra si considerano dispersi. L’opera del Thezan, “nobile, pio, Cavalier Francese” deve essere considerata la prima descrizione del maltese poiché nel 1764 Ignazio Saverio Mifsud la descrisse “Grammatica maltese e suo Dizionario” e ne attribuì la composizione al 1600. Recentemente Arnold Cassola ha riconosciuto in un manoscritto della Biblioteca Vallicelliana di Roma un’opera che sembra conformarsi al lavoro del Thezan e l’ha pubblicata nel 1992, The Biblioteca Vallicelliana “Regole per la lingua maltese” (Cassola 1992). L’opera consiste in una breve descrizione grammaticale di 17 pagine, un lessico italiano-maltese di 3925 voci, uno maltese-italiano di 3110 voci e, in appendice un prontuario di istruzioni ai soldati (“Methode pour faire faire l’exercise des armes en langue maltoise”) di sette pagine.

Frontespizio della raccolta di norme e consuetudini sul codice marinaro, redatta in lingua italiana nel 1729. Malta National Library..

Frontispiece of collection of rules and customs of maritime law, written in Italian in 1729. Malta National Library...

Frontespizio della raccolta di norme e consuetudini sul codice marinaro, redatta in lingua italiana nel 1729. Malta National Library.

  L’opera è molto significativa perché indica l’atteggiamento dell’Ordine verso la lingua maltese. Da una parte ne descrive le regole elementari e fornisce 3000 voci che possono essere considerate il suo lessico fondamentale, come si usa dire oggi nella didattica delle lingue. Dall’altra parte fornisce un esempio dell’applicazione pratica di queste nozioni linguistiche a un settore concreto, quelle delle esercitazioni militari. I Cavalieri, dunque, non mantenevano un atteggiamento altezzoso verso i loro subalterni ma, per fini pratici, sentirono l’esigenza di avvicinarsi ai loro soldati incolti adoperando anche la lingua locale. Inoltre, quando l’autore francese scrive frasi come “arfa el mosquet”, “gib el forcina f’el mosquet”, “amel el miccia fel serpentina”, “spara”, egli attesta la compenetrazione di una terminologia di origine italiana dentro il telaio semitico della lingua maltese, in questo caso una terminologia militare con le voci “mosquet, forcina, miccia, serpentina, fogun, passi, boku, mira, spara, polverin, porveli, borra, baccheta, lok, spallek, stringiu, filere, redoblau, frontera, quart” alcune frasi fisse “stringiu el filere”, “redoblau el filere”, ed anche alcune voci destinate a entrare o già entrate nel lessico generale del discorso quotidiano: “passi, fe lok, spallek, quart” con adattamenti morfologici semitici che includono il pronome enclitico (spallek) e le desidenze verbali (stringiu, redoblau). Questo documento è utile per spiegare come nel periodo dei Cavalieri il contatto con l’italiano fosse la fonte principale di arricchimento della lingua locale.
  Un altro testo scritto da un membro dell’Ordine Gerosolimitano ci trasmette preziose indicazioni di natura sociolinguistica. Si tratta di un testo letterario, un Intermezzo, che dal punto di vista dell’alta cultura testimonia il tipo di divertimento che era in voga a quei tempi, ma la sua natura comica, e il fatto che era destinato alla recitazione, lo rendono anche una rara testimonianza del modo in cui si parlava a Malta nella prima metà del Settecento. Lo compose il Monsignor Domenico Boccadifuoco, nato a Modica l’8 settembre 1698, quando si recò a Malta per l’investitura quale Cappellano Conventuale nell’agosto del 1730. Ignazio Saverio Mifsud, un letterato tipico del secolo XVIII che riempiva i suoi zibaldoni con svariatissime notizie, serie e meno serie, tanto da meritare l’appellativo di vero cronista del tempo, lo trascrisse avvertendo il lettore che “la seconda parte dell’Intermezzo non fu compita per la partenza dell’autore” (BNM, Libr. 1, pp. 19-27; v. Cassola 1988: 1925). Non vale rimpiangere l’incompletezza dell’opera, perché ai nostri scopi la prima parte basta. Infatti, malgrado che il testo appartenga al registro parlato-scritto, anzi parlato-recitato, e dunque non è precisamente una fedele trascrizione di un dialogo spontaneo, e malgrado la caricatura che è inerente al dialogo delle situazioni teatrali comiche, il testo del monsignore palermitano è essenzialmente verosimile.
  La scena presenta una signora maltese, Vittoria, che riceve la visita di un forestiero, Pantalone, nella sua camera in presenza della serva Grezia. Il forestiero la corteggia ma lei fa la ritrosa. Niente di straordinario, dunque, nella trama ma la situazione è interessante dal punto di vista linguistico perché i personaggi sono caratterizzati dal modo in cui parlano. Pantalone, da buon forestiero, parla italiano, un italiano letterario, corretto e preciso, ma Vittoria parla un italiano sicilianeggiante misto con maltesismi. Per conseguenza la vignetta illustra il trilinguismo che vigeva a Malta, almeno nell’ambiente socialmente elevato e urbano. La situazione dovette avere impressionato il buon monsignore che, arrivato da Palermo, sentiva la gente semicolta parlare un tipo di siciliano che a lui sembrava piuttosto peculiare, tanto che “osservata la maniera con la quale parlano corrottamente le Donne Maltesi in italiano, compose il presente intermezzo, che restò molto accetto, e di gusto universale”.
  

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