“Il Rinascimento diede inizio a
quella che il linguista inglese Firth chiamò la riscoperta di Babele, e
la curiosità degli eruditi ispirò un autentico movimento collezionista
di campioni di un numero sempre crescente di lingue vicine e lontane”.
Partendo da una delle tappe più significative di questo movimento,
l’autore rileva che tra i campioni di ben quattrocento lingue e dialetti
compresi nell’opera di Megiser del 1603 vi è il maltese, ed esamina
l’interesse dei membri dell’Ordine allo studio della lingua locale,
congiunto all’azione diretta dell’Ordine relativa alla promozione
scientifica e all’uso effettivo del maltese come lingua parlata
nell’ambiente socialmente inferiore del lavoro e in quello domestico,
ambienti in cui era in atto il processo di italianizzazione, teso
soprattutto all’arricchimento lessicale.
Cavalieri e viaggiatori crearono un ambiente culturale vivace ed
aggiornato, al quale partecipavano anche gli isolani. Ne sono un esempio
il primo studioso maltese che si occupò della lingua locale, ed era
legato all’Ordine, il Vice Cancelliere Abela con la sua Descrittione di
Malta isola nel mare siciliano stampata nel 1647, ed inoltre grammatiche
e dizionari prodotti da cavalieri profondamente interessati alla lingua
maltese.
Non meno importante è l’opera di natura sociolinguistica composta da
Monsignor Boccadifuoco (1730), Cappellano Conven-tuale, destinata per la
sua comicità alla recitazione e che è una rara testimonianza del modo in
cui si parlava a Malta nella prima metà del settecento. Quest’ultimo
testo permette di trarre la conclusione che nel primo settecento a Malta
la borghesia locale parlava l’italiano, pur nel trilinguismo vigente ed
evidente nell’opera, in una forma decisamente sicilianeggiante.
L’autore affronta quindi gli effetti dell’azione indiretta dell’Ordine
sulla lingua maltese, cioè l’evoluzione di una situazione linguistica
che ha permesso da un canto la sopravvivenza della lingua locale e
dall’altro la sua standardizzazione.
Determinanti, in una chiave di lettura sociologica, sono stati i fattori
dei movimenti demografici (urbanizzazione e prestigio sociale).
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“The Renaissance brought
about what the British linguist Firth called the rediscovery of Babel,
and produced a steady collection of samples of an ever-increasing number
of languages.” The author points out that Maltese was included among the
four hundred languages and dialects featured in Megiser's “Thesaurus
Polyglottus” (1603), and reviews the interest of the Order's members in
studying the local tongue. Some of the latter actually learned how to
speak it and promoted grammatical and lexical studies, and helped to
ensure its survival as the spoken language in the domestic environment.
As a result the process of cultural Italianisation did not stifle the
native tongue but enriched its lexicon.
Knights and travellers created a lively and up-to-date cultural
environment in which the islanders also participated. A concrete example
of this is the Maltese historian G.F. Abela, Vice-Chancellor of the
Order, who wrote the fundamental “Descrittione di Malta isola nel mare
siciliano” (1647). In the 17th and 18th centuries a number of Knights
produced grammars and dictionaries of the Maltese language. No less
important is the sociolinguistic sketch composed by Monsignor D.
Boccadifuoco in 1730, when he became a Conventual Chaplain of the Order,
offering us a rare specimen of the island's complex linguistic
situation, with Italian, Sicilian and Maltese on three social levels.
The Intermezzo suggests that the local middle class still spoke a
heavily Sicilianised form of Italian and the less educated resorted to a
certain degree of code-mixing with the native tongue.
The author then addresses the effects of the Order's indirect action on
the Maltese language, that is the evolution of a linguistic situation
that not only ensured the survival of the local tongue but also
determined its standardisation. Demographic developments played a vital
role in this process, especially urbanisation and social prestige. The
Knights, the author points out, refrained from imposing a linguistic
policy on their subjects, precisely because the Grand Masters did not
identify the Order with one of the major European states.
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