IL GAZZETTINO, 31 May 2000

CAVALIERI DI MALTA IN CAMPO PER I DIRITTI UMANI

di Roberto Ballarin
Una storia intensa e prestigiosa lunga novecento anni. Un Impegno costante - attivo e generoso - prima di tutto al servizio dell’umanità. E’ questa, in fondo, la testimonianza concreta dell’importante presenza nel mondo del Sovrano Militare Ordine di Malta, che proprio in questi giorni è protagonista di due appuntamenti di rilievo a Venezia e a Milano.
In laguna è stata inaugurata, infatti, la preziosa mostra d’arte “Lungo il tragitto crociato della vita”, mentre nel capoluogo lombardo - si conclude oggi - una riunione allargata della diplomazia dell’Ordine convocata per un incontro di lavoro di confronto operativo. E’ l’occasione, anche, per attualizzare le ragioni della propria esistenza e per illustrare le strategie e i programmi per il nuovo Millennio.

Ma cosa rappresenta, oggi, l’Ordine di Malta, fondato a Gerusalemme nel lontano 1099?
A spiegarcelo è il Gran Cancelliere in persona, il conte Carlo Marullo di Condojanni, che abbiamo incontrato nella hall dell’Hotel Savoia e Jolanda. “L’Ordine di Malta è, nel cammino della storia del mondo, l’anello di congiunzione tra una realtà di preghiera e una realtà umanitaria, legata insieme da una struttura statuale che ha un ruolo politico”.

Quale politica, dunque, lo contraddistingue?
“La politica di ieri e di oggi è quella interpretata dai due carismi: la difesa della fede e il servizio dei poveri. Attorno a questo c’e tutto quanto appartiene alla storia del passato: la lotta con Turchi, la difesa del Mediterraneo e dell’Europa nel confronti dell’Islam e oggi, dall’altra parte, c’è la difesa della fede nei confronti delle sette”.

E se volessimo esaminare alcuni dati concreti?
“Basterà ricordare i 300 ospedali nel mondo, i più di 200 mila assistiti nella lotta al diabete, nonché alla lebbra e alle grandi malattie con una struttura che anche in Italia vede numerose partecipazioni. Abbiamo, tra l’altro, un ospedale di neuroriabilitazione a Roma da 240 posti letto con un piccolo reparto per i traumatizzati cranici. E ancora più di 40 mila assistiti negli ambulatori”.

Ma l’Ordine come attualizza oggigiorno le ragioni della propria esistenza?
“Non si tratta di rendere attuale la nostra presenza, ciò che è attuale invece è la risposta alle esigenze dell’uomo, che non sono cambiate in fondo da quelle che erano un secolo fa. L’uomo ha sempre bisogno di spiritualità, di sanità e di assistenza. Ma che sia soprattutto dedicata e non si trinceri dietro i sistemi sociali”.

In che cosa consistono i programmi e gli obiettivi futuri?
“Innanzitutto ci sono gli obiettivi delle nuove povertà, quelle cioè che nascono dal perpetuarsi delle ingiustizie e delle prevaricazioni degli Stati nei confronti dei cittadini stessi che subiscono mortificazioni molto gravi. Anche Paesi europei classificati tra i più civili hanno ad esempio, il sistema carcerario inadeguato. E senza andare lontano in Italia ci sono più di 50 mila carcerati in carceri che ne potrebbero ospitare appena la metà. Ecco allora che l’Ordine in seno alle Nazioni Unite nel piano delle proprie strategie sta in questo momento alzando la voce sul piano di questi temi che diventano drammatici lì dove addirittura la politica prevale sul diritto umanitario universale. E Pinochet e Milosevic sono due esempi emblematici.
Noi chiediamo, dunque, l’applicazione del diritto umanitario universale”.

Quali sono allora i più recenti impegni nel settore?
“Noi non abbiamo la possibilità concreta di intervenire sul piano degli Stati, ma possediamo una voce, quella dell’Osservatore permanente alle Nazioni Unite. Svilupperemo questi temi perché crediamo che in questa società ci sia bisogno di allentare un po’ la morsa dell’autoritarismo statuale che lede la personalità degli individui".

E negli ultimi anni siete stati protagonisti di uno sviluppo non solo sul piano internazionale ma anche su quello costituzionale.
“E’ vero. Questo sviluppo si è concretizzato con un momento epocale rappresentato dall’approvazione della nuova Carta Costituzionale e del Codice: questa realtà nascente permette all’Ordine di essere molto più attivo sul piano della comunità internazionale e di guardare meglio a funzioni di intermediazione nel confronti dei grandi problemi degli Stati, nonché di sviluppare una diplomazia preventiva che anche se, come abbiamo visto nei Balcani, non è servita per evitare i conflitti, tuttavia rappresenta la ragnatela di una rete diplomatica innescata prima che i conflitti si scatenino e quindi apre nuovi canali utili per instaurare un dialogo costruttivo".

E come sostiene l’Ordine questa sua attività internazionale e umanitaria?
“Mi permetta in chiusura una similitudine: proprio come una Rolls Royce, che alla voce velocità nel suo libretto di istruzioni ha scritto adeguato. Ecco, l’Ordine fa questo con il suo patrimonio, che è sicuramente adeguato ai progetti e alle realizzazioni che porta avanti".