sia la premessa indispensabile per una pace durevole negli stati
europei, e ciò sarebbe stato possibile attraverso un
accordo generale fra i vari principi della penisola, che servisse
come fattore stabilizzante di equilibrio contro l'egemonia
straniera. Da qui il suo interesse per il viaggio di Carlo
V in Italia, viaggio che egli propugna fin dal 1925, e la
neutralizzazione di qualsiasi azione francese al di là
delle Alpi. è una delle cause della sua politica illuminata
che portò al rifiuto del trattato di Madrid, che non
volle firmare. Al contrario, nel congresso di Bologna, del
1529, dove viene regolato l'assetto degli stati italiani,
egli ispira i punti fondamentali dell'accordo, fedele sempre
al suo imperatore, senza lasciarsi sedurre da prebende e onorificenze
ecclesiastiche, come quella del cappello cardinalizio, concesso
dal pontefice, che soltanto alla fine accetta su consiglio
dello stesso imperatore. Scrive, nel suo memoriale privato,
il Gattinara:
"Clemente VII cercò di far accettare
a Mercurino la dignità cardinalizia. Voleva evidentemente
consolidare il suo rapporto di fiducia con la persona che,
se si fosse dissolta l'atmosfera di sospetto, sarebbe stata
la più adatta a fare da mediatore tra papa e Imperatore.
Con gran beneficio per tutta la cristianità. Mercurino
disse di aver già rifiutato la porpora sotto il pontificato
di Leone X. Fosse stato sensibile a questi onori, avrebbe
brigato per farsi assegnare uno dei tanti privilegi vacanti,
rimessi in Spagna alla piena discrezionalità dell'Imperatore.
Così per lo meno il cappello prelatizio non sarebbe
stato pieno soltanto di vento. Ma non essendo un ecclesiastico
e non avendo intenzione di diventarlo, gli sembrava vano il
tentativo di sedurlo con il cardinalato10
".
In numerose pagine dell'Autobiografia
emerge il pensiero preciso della visione europeista del Gattinara
affidata a Carlo V, nei confronti del quale si avverte l'insistenza
sul carattere provvidenziale della sua ascesa e vittoria.
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Si può a proposito leggere:
"Nessuno è debitore a Dio più
di Carlo imperatore; a lui l'Altissimo ha fatto e dato più
che a ogni altro al mondo. Basti pensare alla morte di molti
che precedevano Carlo nella linea di successione ereditaria,
ai numerosi e immensi regni e domini passati nelle sue mani
per diretta successione, quand'era ancora un fanciullo: tutto
ciò, al di fuori di ogni azione e decisione umana,
soltanto per grazia della divina clemenza, tanto particolarmente
benevola verso di lui. Perché nulla mancasse, Dio,
nella sua benignità, ha concesso al giovane principe,
con voto unanime dei grandi elettori, il sacro romano impero,
un giustissimo titolo per la monarchia universale11".
Tale visione appare apparentemente condizionata
da una concezione deterministica e provvidenziale della storia;
in realtà, il connubio tra fede e vita sembra sorreggere
il pensiero dello statista. Per il Gattinara l'uomo è
infatti l'artefice del proprio destino all'interno di un universo
in cui la grazia divina e la presenza diabolica interagiscono
in contrapposizione fra loro. Il fatto ad esempio che Mercurino
si sia trovato in contrasto e in polemica con il papa e la
curia romana spiega la sua particolare concezione del mondo,
che non è in contraddizione con la sua sincera fede
cristiana e il suo costante sforzo di agire in modo coerente
con essa.
L'idea ricorrente che sorregge e alimenta
l'attività diplomatica del gran cancelliere, accanto
al sostegno e alla devozione mostrata nei confronti del suo
sovrano, mira sempre a configurare e realizzare una politica
di interesse superiore, la sola capace di garantire pace e
tranquillità nei diversi popoli che formano il
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