(Rivista Internazionale - Dicembre 1996: Spiritualità dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme - 1/3)
Spiritualità
Spiritualità dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme
detto Sovrano Militare Ordine di Malta
Ven. Balì Fra’ Ludwig Hoffmann von Rumerstein
Gran Commendatore
Il termine «spiritualità» emerge gradualmente tra i sec. V e XI come creazione della lingua latino-cristiana. La spiritualità inizialmente si contrapponeva a carnalità, sensualità, secolarità e temporalità.
In origine tale termine indicava una forma di vita di elevato grado spirituale, nella forza della fede, divenendo così un concetto ermeneutico fondamentale della storiografia, con un significato molto complesso.
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Roma. Castel Gandolfo. Il Santo Padre S.S. Giovanni Paolo II, riceve il Gran Commendatore Ven. Balì Fra’ Ludwig Hoffman von Rumerstein, in occasione dell’Udienza Pontificia di S.A. Em.ma il Principe e Gran Maestro e del Sovrano Consiglio.
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Per secoli la spiritualità era intesa come prassi degli «spiritualia», quali la preghiera,
la lettura intensa della Scrittura, l’esame di coscienza, l’orazione e il raccoglimento, che scandivano la vita individuale e comunitaria, monastica e canonica. La spiritualità quindi non è astratta, ma rivolta alla pratica, anche se riceve numerosi impulsi dalla teologia dogmatica.
Dal Concilio Vaticano II il significato del concetto di spiritualità è leggermente mutato.
Oggi la spiritualità consiste in una spiritualizzazione della vita quotidiana, accompagnata da una simultanea apertura verso il mondo. Suo compito è trovare un rapporto equilibrato tra «vita spiritualis» e «vita socialis».
Giungo pertanto all’argomento centrale, al compito principale dei membri di tutte e tre le classi del nostro Ordine religioso laicale, ormai a più di novecento anni di vita.
Diamo prima uno sguardo al seguente passo della Lettera di San Giacomo: 2, 14-26; ne cito alcuni versetti:
«Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Cosí anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.» (2, 14-18)
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Roma. Il pellegrinaggio organizzato dalla Associazione Tedesca e dal Malteser Hilfsdienst per i "Signori Malati" alla Basilica Vaticana. |
«Vedete che l’uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede.» (2, 24)
«Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.» (2, 26)
Questa parola della Scrittura, compresa bene, significa che fede e opere non possono essere separate.
Né la fede da sola, né le opere da sole possono salvare l’uomo nel giorno del giudizio. La giustificazione dell’uomo da parte di Dio viene sì direttamente dalla fede, ma da una fede che si concretizza nelle opere. Questa esigenza si rispecchia anche nella missione in cui è impegnato ogni membro dell’Ordine: «tuitio fidei et obsequium pauperum» formano una sintesi inscindibile. Questa missione non deve e non può essere divisa nelle sue due parti; perché il servizio della fede non è credibile se non si estrinseca nell’aiuto al prossimo, mentre d’altra parte anche l’assistenza prestata con le migliori intenzioni e organizzata nel migliore dei modi resta un frammento stentato, se non è compresa nella sequela di Cristo, che da solo può portare e porterà a termine l’opera buona cui ha dato inizio in noi.
Nei passi delle Regole dell’Ordine del XII e XIII sec. che ci sono pervenuti, ci viene ordinato «di chiamarci servi dei poveri, che vanno in giro sporchi e nudi; è vergognoso per un servo essere orgoglioso, mentre il suo padrone è umile».
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