(Rivista Internazionale - Dicembre 1996: Spiritualità dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme - 2/3)

Roma. S.A. Em.ma il Principe e Gran Maestro, Fra’ Andrew Bertie, con il Prelato dell’Ordine, S.E. Rev.ma Mons. Donato de Bonis, dopo aver deposto l’omaggio floreale alla statua della Vergine a Piazza di Spagna, in occasione della Festa dell’Immacolata.

Dalla Regola ospedaliera del Magister Domus Hospitalis (l’odierno Gran Maestro) Roger de Moulins risulta che venivano dati ordini molto dettagliati di curare ed assistere gli infermi, i poveri e gli orfani, di porsi nei loro confronti come se fossero signori, rispettandone i diritti innati. In un decreto ecclesiastico separato, anch’esso del tempo intorno al 1181, si disciplina la vita del membro dell’Ordine in relazione alla Regola. In questa Regola trova espressione l’idea fondamentale che salute del corpo e salvezza dell’anima sono inscindibili; la «salvezza dell’anima» non deve però essere confusa con la salute psichica, quest’ultima è piuttosto parte integrante della salute fisica.

Mandeni. Sud Africa. La vetrata dedicata al Fondatore dell’Ordine nella Cappella del "Blessed Gerard’s Care Centre".

Se, a ragione, pretendiamo di assistere la persona affidataci anche dal punto di vista dell’anima, ossia psichico, ciò non ci dispensa dal dovere della cura delle anime, cioè della sollecitudine per la vita spirituale, per la salvezza delle anime dei nostri protetti.
Poiché la salvezza degli uomini consiste nella comunione con Cristo, è anche nostro compito, nel e per mezzo del nostro servizio, avvicinare a Cristo l’uomo, andandogli incontro in modo da favorirne la salvezza. Il nostro servizio è quindi consapevolmente ed essenzialmente un servizio missionario. Dobbiamo considerare noi stessi strumenti di Dio, chiamati a collaborare al suo piano di salvezza.
La vera santità infatti non consiste nella fuga dal mondo, bensí nella realizzazione del Vangelo nella vita quotidiana, nella famiglia, nella scuola, sul posto di lavoro e nel concreto impegno sociale.
Quanto ho detto rappresenta la differenza sostanziale tra il nostro servizio e il servizio sociale di altre organizzazioni assistenziali. Nostro compito non è solo curare, ma santificare noi stessi e gli altri.
Può darsi che questo obbligo di santificazione non sia manifesto in tutti gli interventi assistenziali dei membri dell’Ordine: ad esempio, quando nel contesto di una guerra etnica in Africa, a causa del gran numero di bisognosi, della scarsezza dei mezzi, dei rifugiati, degli affamati, degli infermi che lottano per la nuda sopravvivenza, viene prestata solo assistenza materiale.
In tali circostanze, chi assiste è in misura ancora maggiore chiamato a riconoscere nel proprio servizio l’adempimento, in preghiera e meditazione, della parola «perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e senza tetto e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato» (Mt 25, 35,36). Così un servizio che può durare anche da sedici a venti ore al giorno, può essere spiritualizzato e offerto in funzione della glorificazione del nostro Signore attraverso quei bisognosi.

per continuare
per tornare alla pagina precedente
per tornare al sommario