scissionista dovuta proprio all'impostazione filosofica che vede le realtà separate, in primo luogo la scissione fra materia e forma, dalla cui divisione nascono tutti gli errori razionali. Si ha così, sia pure dopo un cammino tortuoso e pieno di errori e conseguentemente di sacrifici e sofferenze, il ritorno a dover riconsiderare l'unità proprio dell'uomo, centro della realtà, composto di materia e spirito. La psicologia, direttamente, secondo l'impostazione sergiana, indirettamente attraverso le diverse constatazioni, che per essere coerenti devono portare al superamento delle antinomie ed al riconoscimento dell'unità sostanziale della persona umana, non ha accettato l'impostazione separatista, che può non avere conseguenze tragiche in campi diversi da quelli che direttamente interessano la vita dell'uomo, ma che per l'appunto in tutte le questioni pratiche per questa, sono disastrose.
   Siamo convinti che l'errore fondamentale, modo di pensare della cultura pre/cristiana, sia quello che introduce la divisione, lì dove dovrebbe essere ricercata l'unione. La divisione fra materia e forma, mentre rende difficile intendere la stessa realtà di Dio, diventa drammatica nel momento in cui si deve considerare la vita umana, che è proprio la novità conclusiva della creazione, l'entità cioè che unisce lo spirito alla materia. Si può quindi dire che la causa del fallimento della ragione si trovi nella cattiva impostazione aristotelica, che ha diviso ciò che doveva essere unito, come del resto aveva fatto il peccato di Adamo. Considerando aleatorio lo spirito umano, non constatandone l'unità, la scienza è stata costretta a non occuparsi di questo fatto aleatorio e si è costituita in modo tale da dover negare l'esistenza di Dio. La posizione galileiana semplice e chiara - capace d'altra parte di aprire alle novità del terzo millennio - che negata l'esistenza di realtà separate, come i suoni, gli odori ed i colori - nel mentre veniva progressivamente convalidata da tutta l'osservazione scientifica successiva, prima dalla fisiologia e dalla psicologia, e poi definitivamente dall'impostazione del digitale - mette in moto necessariamente la revisione dello stesso modo di ragionare. Ma la cosa sorprendente, per un cultore di scienze, è data dalla constatazione che era proprio il ragionamento illuminato dalla Fede, a far dire al più grande

pensatore di tutti i tempi, che l'attribuire realtà a fantasmi razionali non era cosa giusta, ma dovuta proprio ad un errore di valutazione essenziale: quia intellectus non apprehendit res secundum modum rerum, sed secundum modum suum (12). Questa posizione dell'Aquinate giustamente valutata come un'anticipazione di quanto successivamente sostenuto dal Galilei pone in chiaro risalto che seguendo l'impostazione razionale corretta - cioè integrata - dalla Fede o dalla scienza si possono evitare quelli che devono essere intesi come peccati di superbia, superbia che indubbiamente sempre minaccia l'uomo, proprio perché provvisto di questa forza notevole della ragione, che deve essere opportunamente guidata per non essere ancora più dannosa della stessa istintualità a cui d'altra parte deve porre un freno(13).
   Ci sembra che, considerando le cose in questo modo, si riesca ad intendere il perché la sola razionalità divenga così dannosa per la vita umana. Come già ricordato, la patologia mentale attesta il danno che consegue alla scissione fra ragione ed affettività, ma certamente il fatto più conclusivo è rappresentato dall'opera di Adolfo Hitler. In quel caso, la razionalità, come detto, ha portato al più grande conflitto mondiale ed ha determinato quindi il maggior numero di vittime, in un modo che chiaramente attesta la dannosità della scissione fra ragione ed affetto, fra potenzialità umane, che devono coinvolgere tutto l'uomo, e la chiara avvertenza del fatto che la ragione non è il top dell'essere umano.
   Se si ragiona opportunamente, si deve riconoscere immediatamente che la ragione non può essere ritenuta il tutto dell'essere umano, ma deve essere riconosciuta come una delle possibilità o facoltà umane da opportunamente integrare nell'unità della persona. La dimostrazione di questo è data propria dalla considerazione che deve essere sviluppata attorno al problema della guerra. L'affermazione classica, si vis pacem, para bellum, è l'assurdo della razionalità. La volontà di pace dovrebbe portare alla guerra, in quanto ovviamente i preparativi di guerra sono senz'altro una manifestazione della volontà di guerra. L'assurdo della posizione razionale è la dimostrazione del fallimento della razionalità pura, del fatto cioè che la ragione possa essere il top

[12] Giovanni Paolo II, Fides et ratio.
[13] S. Toulmin, The Emergence of Post-Modern Science, "The Great Ideas Today", Britannica Great Books, 1981/68.

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