degli utenti della ragione, avendo di mira la conoscenza
che si basa su processi logici, pur esigendo il riscontro
obbiettivo, sperimentale, di quanto si è ipoteticamente
pensato.
Se quindi lo scienziato è sollecitato
ed interessato anch'egli da questa esortazione, ci si deve
chiedere il perché di questa chiara affermazione, che
non ammette riserve. A noi pare che questa esortazione è
quanto mai appropriata per l'uomo di scienza, nell'attuale
momento.
Il momento attuale richiede, non meno che
ai tempi del Galilei, che gli uomini di scienza siano audaci,
nel percorrere strade nuove per ottenere tutto ciò
che è possibile trarre dalla nostra diretta opera,
non dimenticando che anche nelle opera più direttamente
dovute all'intervento divino, Gesù non ha mai fatto
a meno dell'apporto sia pure limitato che l'uomo era in grado
di compiere - come ad esempio nello spostare la pietra sepolcrale
per permettere a Lazzaro risuscitato dalla sua Parola di venire
fuori dalla tomba.
Ancor più quindi quando l'opera deve
essere direttamente compiuta dall'uomo, senza certamente voler
rifiutare di chiedere l'aiuto divino. Ma questo aiuto è
proprio assicurato dal fatto che l'audacia della ragione opera
nel quadro della parresia della Fede. Il momento attuale richiede
che l'uomo di scienza mostri tutta l'audacia della ragione,
perché si tratta di rivedere tutto il modo stesso di
pensare che non deve essere svolto nei limiti del già
fatto, ma come più volte ricordato, deve percorrere
strade del tutto diverse, come sono quelle del digital thinking,
del pensare digitale, che rivoluzionano di sano pianta il
nostro modo di seguire il ragionamento. Se fino a ieri potevamo
credere di potere avere prove sufficienti nei dati forniti
dai nostri sensi, ora dobbiamo avere il coraggio di dovere
fare a meno di queste evidenze, non solo per quanto riguarda
le immagini della Fede, ma anche per le immagini della nostra
conoscenza, che non sono più legate ai dati sensoriali,
ma devono sempre più frequentemente far ricorso ai
suggerimenti della realtà virtuale, che impongono anche
procedure diverse e richiedono quindi effettivamente di dover
procedere senza appoggi consueti e senza riferimenti immediatamente
visibili. Il dovere trattare la realtà attraverso quanto
il nostro modo di ragionare, quindi il nostro calcolo matematico
ed astratto ci
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permette di fare mette in discussione
quanto solitamente eravamo in grado di controllare e di convalidare
attraverso rappresentazioni fantasmatiche, che direttamente
si rifacevano a quanto eravamo in grado di intendere per la
presenza delle stesse immagini sensoriali.
Dobbiamo sapere intendere in modo nuovo i
confini fra realtà materiale e realtà virtuale,
che certamente non è spirituale, ma che diviene possibile
in un modo nuovo e non consueto, nel mentre le applicazioni
pratiche ci consentiranno di rivedere le stesse impostazioni
tradizionali circa il valore del tempo e della distanza. Per
chi poi è attratto soprattutto dai problemi psicologici,
resta ancora più evidente ed urgente il bisogno di intervenire
per rendere veramente fruibile da tutti la comunicazione a distanza,
quando la stessa è stata finora limitata solo al trasferimento
e all'amplificazione di tutto ciò che era analogico,
avendo di proposito o per giocoforza abbandonato o tralasciato
quanto di natura digitale. Il restare nei limiti del tradizionale
della pur avanzata tecnologia della comunicazione, significa
aumentare le difficoltà che la comunicazione a distanza
incontra per quanto attiene il vero modo di essere e di rapportarsi
relazionalmente dagli uomini con il rischio di aumentare le
difficoltà comunicative nel momento stesso in cui questa
comunicazione viene estesa fino a raggiungere praticamente tutti.
Così anche il basare tutto su quanto solitamente è
stato fatto per il modo di ragionare, escludendo tutto quanto
spetta, come accennato all'intuizione, non è certo un
modo di procedere audace nell'esplorare le nuove possibilità
offerte dal digitale.
La stessa comunicazione digitale può
servire all'intuizione, ma, come è troppo chiaro, l'intuizione
non vuole e non deve fare a meno della ragione. Si tratta di
avere una nuova capacità di organizzare il modo di pensare,
facendo tesoro di quanto ci è stato indicato, ma essendo
anche disponibili a rischiare in modo nuovo per potenziare ed
allargare gli angoli visuali anziché rinchiuderli.
Queste stesse considerazioni sul modo di essere
audaci nell'usare la ragione ci sembrano utili anche in relazione
al tema che ci siamo proposti di trattare, quello di riuscire
a penetrare più profondamente nell'animo del Cavaliere
di Malta. |