Certamente, nessuno
vorrà confondere lo spirito di combattimento del Cavaliere
con le concrete azioni militari compiute nei diversi secoli.
Senza voler criminalizzare un comportamento che un tempo aveva
delle motivazioni razionali certamente approssimative ed imperfette,
non si può del pari arrivare a ritenere che le azioni
di lotta, di guerra e di uccisioni realmente e concretamente
operate dall'Ordine dei Cavalieri rispondessero effettivamente
ad una diretta esigenza di quello spirito che riteniamo debba
essere meglio conosciuto per essere quindi opportunamente valutato.
In altri termini, non si può fare una semplice equazione
fra le operazioni compiute e lo spirito del Cavaliere di Malta.
Del resto, questo è stato accennato in precedenza, sia
pure in modo sommario, quando si è tentato di intendere
il significato di motivazione ed in che modo l'intervento della
volontà possa in pratica guidare azioni concrete, per
altro dettate da particolari contingenze. Sarebbe facile per
noi, trovare la radice del comportamento del Cavaliere di Malta
che è impavido guerriero e compie azioni spietate, attribuendo
tutto all'errore di fondo, che ha fatto distinzione fra materia
e forma, per cui si è in grado di volere bene anche alla
persona che si uccide, in quanto non si uccide per odio e per
avversione alla persona, ma invece per difendere un valore che
viene messo in forse dall'azione dell'altro, al quale in definitiva
si augura di poter vedere la sua stessa morte come uno stato
di vantaggio ai fini di quello che lo stesso, in definitiva,
anch'egli stima. Un siffatto modo di ragionare non rientra nella
semplicità delle colombe che pure deve essere una costante
del cristiano - non solo dei nostri tempi maturi - ma anche
dei tempi passati, in quanto è richiesto direttamente
e chiaramente dal messaggio evangelico, come adesso adesso ricordato.
La concretezza dell'uccidere non trova mai, in nessun epoca
ed in nessuna circostanza, una giustificazione cristiana. Ciò
non toglie che non si possa non tenere presente quale era il
sentimento, lo stato d'animo, che effettivamente animava il
Cavaliere anche in quei momenti di guerra e di battaglia, sia
come gruppo, sia nell'incontro diretto e personale. Si può
ben dire che quindi lo stato d'animo non era un sentimento di
odio, che |
facesse compiere determinate operazioni
in quanto si aveva la volontà di distruggere l'avversario,
che veniva ritenuto tale e quindi da eliminare in vista di valori
maggiori, ma al contrario il sentimento era, anche se la cosa
non viene riferita per giustificarne il comportamento, un sentimento
di amore e di volontà di perseguire il suo vero bene,
come era del resto anche nella condanna dell'eretico e del ritenuto
stregone o mago. Queste osservazioni fatte in questo momento,
quando si è tentato di intendere il significato da dare
all'audacia della ragione, vogliono richiamare l'attenzione
sul fatto che proprio questa, l'audacia della ragione, era venuta
meno nel momento specifico in cui, pur avendo chiaro che Dio
era il Padre buono non solo del Cavaliere ma anche del suo avversario,
la predetta audacia avrebbe richiesto che si fosse operato in
conseguenza, essendo certi che la soluzione definitiva sarebbe
stata consonante a quanto era vissuto chiaramente dalla Fede.
6. L'Ordine dei Cavalieri per la comunicazione e le relazioni.
L'altro come immagine, quindi collaborazione. Coinvolgimento
operativo. Comunicazione come diffusione del comune.
L'arte,
il MPL e la comunicazione.
La caratterizzazione dell'Ordine dei Cavalieri di Malta è
certamente la Fede e la Fede cristiana, cioè la fede
in Dio Trino che è Amore. Questa caratterizzazione
risente della necessità missionaria ed evangelizzatrice
che è proprio di ogni cristiano e di ogni organizzazione
che si ispiri all'essere cristiano. Su questo punto si deve
rivedere quanto detto in modo riassuntivo nella frase riportata
dalla Fides et Ratio: Alla parresia delle Fede deve corrispondere
l'audacia della ragione. Secondo una prima valutazione sintetica
del secondo millennio deve essere ricordato che questo essendo
il millennio della ragione ha portato alla distinzione e all'analisi,
per cui lo stesso percorso cristiano è stato scomposto
e sono affiorate impostazioni che hanno rotto l'unità
della Fede. Questo è venuto non già perché
la ragione dovesse essere contro la Fede, ma perché
la riflessione ragionevole o razionale non è stata
guidata
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