dall'ispirazione veramente
profetica di Gioacchino da Fiore, che ha inteso che il duale
deve essere visto in modo unitario, per avere l'intero. Il discorso
è stato sviluppato in ordine alla concordia fra Vecchio
e Nuovo Testamento che dà luogo al Vangelo eterno che
non è un terzo Testamento, ma la sintesi fra i due o
se si vuole la lettura del Vecchio alla luce del Nuovo o di
questo alla luce di quello (19).
Per effetto di questa divisione si è
avuto lo scisma della Chiesa d'Oriente, poi l'eresia protestante
e la separazione fra temporalità (rivoluzione francese)
ed eterno.
In effetti, l'unità della Fede esiste
anche attualmente, solo che si compia una diversa impostazione
di alcune cose e si resti disponibili ad essere veramente seguaci
di Gesù e non di quello o di questo, come ammoniva già
s. Paolo.
Allora, l'audacia non è quella del
comportamento, che deve essere intrapreso dopo aver razionalmente
deciso (motivazione), ma è proprio della ragione.
Ieri, i Cavalieri, operando nel millennio
che aveva diviso, razionalmente, le cose vedevano l'audacia
nel loro comportamento che diveniva quindi guerriero e combattivo,
pur sempre animato dalla Fede.
Oggi, deve essere rifatta la sintesi, tanto
più che il nuovo millennio, come detto, è il millennio
dell'intuitio, che porta a riconsiderare l'unità dell'essere
umano, che è corpo, razionalità ed affettività
ed ha la sintesi, sia pure momentanea, nell'intuizione con la
microgenesi.
Se nel secondo millennio vi era stata la concezione
razionale dell'analisi (divisione), ora bisogna rifare le sintesi.
Non si deve lottare con l'altro, ma si deve comunicare e si
deve convincere. Da qui l'importanza primaria della comunicazione
(20). L'Ordine dei Cavalieri per
restare fedele alla sua ispirazione deve inquadrare nella parresia
della Fede l'audacia della ragione che deve portare ad escogitare
forme nuove di comunicazione per trovare l'intesa, prima fra
tutti i cristiani, e poi fra questi e gli altri, in particolare
i mussulmani.
L'Ordine quindi diviene il luogo ed il modo
di comunicare direttamente fra cristiani e mussulmani, sostituendo
all'audacia dell'operazione, l'audacia della ragione.
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7. Collaborazione fra Occidente ed Oriente:
tra Isacco ed Ismaele. Abramo - Isacco deve servire, per salvare,
Ismaele Adamo - Caino uccide Abele.
Le nuove prospettive per l'Ordine.
Ismaele è nato prima ed è
più forte: profitta di questo per deridere Isacco,
suo fratello. Ma Isacco è figlio della promessa, della
coppia Abramo/Sara, mentre Ismaele è figlio solo di
Abramo e non ha ricevuto la promessa. Per questo, viene scacciato
dalla casa di Abramo e deve andare ramingo, ma Dio lo ha fatto
capo di una nazione amplissima.
Forse, non è inopportuna una breve
riflessione sul significato della vocazione di Abramo e sul
significato conseguente del popolo eletto, gli Ebrei, che
sono stati detti fratelli maggiori dei cristiani. In effetti,
fratelli maggiori degli Ebrei sono i mussulmani. Si resterebbe
forse impigliati nel tentativo di intendere a chi veramente
spetti il primato e che cosa deve essere riconosciuto del
valore della Fede, se questa cioè rende grande Isacco
rispetto ad Ismaele e gli Ebrei rispetto ai cristiani.
Ci sembra di intendere che tutto si giochi
proprio riconoscendo il significato della Fede e della chiamata
ad essere porzione eletta dell'umanità, quale popolo
di Dio.
E' troppo chiaro che questa elezione è
figura, quindi simbolo, della presenza del Cristo, che è
il prediletto di Dio. Quindi Abramo, come Isacco e Giacobbe,
è figura di Cristo ed allora è chiaro che il
loro significato è quello indicato dall'essere del
Cristo, di cui sono immagini o simboli. Ora Gesù è
venuto per servire l'uomo, per salvarlo, in questo è
il pastore grande che riunisce le pecore e le salva.
Appare chiaro che la vocazione di Abramo
e conseguentemente di Isacco e di Giacobbe non è quella
di esercitare un potere sull'altro, sugli altri, ma al contrario
di essere a servizio, per permettere che raggiungano la loro
salvezza. Conseguentemente Isacco, che è figlio diretto
della promessa, che è figlio della Fede, deve essere
al servizio - come lo è il Cristo - dell'altro, dell'umanità
e nella fattispecie di Ismaele.
La fede di Abramo è la fede dei cristiani,
i quali quindi devono essere il popolo santo che
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[19]L'arte, il
MPL e la comunicazione. - Nessun dubbio che l'arte, in tutte
le sue manifestazioni, abbia pure una modalità comunicativa.
L'espressione del proprio essere e del proprio sentire avviene
immediatamente, nella psicosinapsi, attraverso la luce umana,
che diviene pertanto il comune, necessariamente alla base
della comunicazione: senza comune non si può avere
la comunicazione che deve portare, attraverso questo stesso
comune, alla comunità.
Le forme elaborate di comunicazione, cioè i particolari
mezzi utilizzati per rendere la comunicazione più mirata,
più penetrante e più efficace sono diversi,
anche se possono essere tutti ricompresi nel termine di linguaggio.
Come già accennato, secondo la nostra impostazione
il linguaggio può essere inteso come codice psicologico
per l'elaborazione dell'informazione, in modo da dare una
sistematizzazione che può essere considerata universale,
là dove la lingua diviene un modo particolare di esplicitare
il linguaggio, secondo esigenze legate al posto ed al tempo.
Per il momento, può essere detto che esistono fondamentalmente
due modalità di espressione, che possono essere materializzate
dal modello psicolinguistico (MPL) da intendere come sintesi
fra espressione linguistica e comportamento che, ovviamente,
è alla base della stessa possibilità espressiva.
I due orientamenti del MPL permettono di intendere che l'espressione
linguistica può avere due forme diverse, che poi dipendono
dalle due fasi iniziali e fondamentali di comportamento, che
possono essere prima di avvicinamento e poi di allontanamento,
ovvero l'opposto.
Proprio l'arte ci permette di intendere più compiutamente
il meccanismo formativo delle espressioni linguistiche, che
stanno sinteticamente a rappresentare, in modo cronofilizzato,
tutto l'iter comportamentale. In questa direzione, il discorso
espositivo dovrebbe necessariamente essere molto lungo, ma
ci si può limitare ad un'indicazione che, pur sinteticamente,
riesce a dare a sufficienza il valore di quanto detto, legando
strettamente le tre cose anzidette: arte, MPL, comunicazione.
Così kampula kukla, l'espressione contenuta nell'Iliade
(Libro V, v. 722), consente, in maniera pittorica, ad Omero
di descrivere il modo di essere del carro che Ebe ha preparato
per le dee Era ed Atena nel momento in cui queste vogliono
intervenire per proteggere dalla furia di Ettore gli smarriti
Achei. La traduzione italiana, come anche quelle di altre
lingue non rende giustizia all'arte della descrizione greca
omerica, come bene osserva il Lessing: le ruote circolari
(ricurve) non dicono assolutamente nulla, essendo anzi una
descrizione stupida, perché nel concetto di ruota,
vi è proprio quello di circolo. Viceversa il kampula
sta ad indicare il momento della realizzazione della ruota
che si ha per il ripiegare, che permette poi di avere il cerchio,
il circolo, quindi la ruota. Questo termine dal verbo kamptw
è poi di grande rilievo, in quanto può indicare
due comportamenti diversi, quando si riferisca al ginocchio:
si può piegare, facendo perno (pivotal) sul ginocchio
stesso, la coscia sulla gamba ed allora si compie il movimento
di sedersi, la seduta. Al contrario si può piegare
la gamba ed allora si ha l'inginocchiarsi, il flettersi, l'inchinarsi.
Sono due atteggiamenti contrapposti, il sedersi è proprio
dell'autorità, il genuflettersi dell'umile. Il discorso,
ovviamente, potrebbe andare molto avanti ed in modo effettivamente
suggestivo, ma bastano questi cenni, mentre si rinvia ad un
nostro specifico lavoro per avere altre indicazioni (cfr.
A. Nigro, Musica e pittura tra arte e comunicazione, Seminario
all'Università della Calabria, 1999) e soprattutto
per intendere meglio il grande valore del modello psicolinguistico,
che serve molto bene a comprendere la funzione comunicativa
del linguaggio, pur nelle diversità comportamentali.
(A. Nigro - Modello psicolinguistico - Herder, Roma, 1985).
[20] Le nuove prospettive per l'Ordine. - Non è
certo compito del ricercatore stabilire quanto deve essere
fatto dall'Ordine dei Cavalieri di Malta, che ha una sua presenza
vigile e costante anche nel nostro tempo e che certamente
proprio attraverso questa presenza opera in modo compiuto
e definito. Può essere, invece, compito di chi ha tentato
di studiare l'animo del Cavaliere di Malta, in un modo certamente
originale e secondo la propria sensibilità, anche se
ha adoperato gli strumenti della scienza psicologica, evidenziare
le rispondenze di tale spirito con le attese ed i bisogni
del nostro tempo.
Si è insistito in modo particolare, nel corso dell'esposizione,
su quanto possa essere inteso dall'insegnamento pontificio,
che ci è sembrato culminare nell'espressione riassuntiva,
Alla parresia della Fede deve corrispondere l'audacia della
ragione. L'urgenza di questo nostro tempo, in cui le creazioni
dell'intelligenza umana sono tali e tante, richiede non già
che si sia spaventati dinanzi ad esse, ma al contrario bisogna
spingere ancora più avanti l'intervento razionale,
quando si ha Fede, che, proprio perché parla con chiarezza
e completezza, dà l'indicazione della Verità.
Essendo nella Verità, si deve operare con audacia e
con assoluta innovazione.
Ci sembra, quindi, di potere dire che oggi il Cavaliere è
essenzialmente il messaggero che deve portare con ricchezza
di mezzi moderni l'annuncio cristiano, in modo da unire le
diverse conquiste umane e renderle veramente degne del nostro
tempo, facendole veicolo del messaggio cristiano, del Vangelo.
Il Cavaliere di Malta diventa allora audace, intrepido, messaggero
razionale per usare tutti i mezzi attuali della comunicazione
al fine di avere la più larga diffusione del cristianesimo,
con le armi della logica e della tecnologica umana della comunicazione.
La sua qualificazione rispetto ad altri Ordini e Congregazioni
religiose (quale quella specifica della Società S.
Paolo) si definisce unendo alla professionalità di
comunicare il coraggio della militanza audace del Cavaliere.
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