(Rivista Internazionale - Dicembre 1994: Abbiamo letą della nostra speranza - 1/6)
Sanitą
Abbiamo letą della nostra speranza
Quali realtą premono in forma drammatica sulla terza etą? Quali le ansie, le prospettive, i problemi che la emargina e la intristisce? Su quali sentieri č possibile sfuggire allo sconforto, al buio e al senso di inutilitą che la insidia? La risposta della letteratura moderna.
Ferdinando Castelli S.I. della "Civiltą Cattolica"
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Alcune attivitį
degli anziani ospiti
della «Fundación
Las Rosas de
Ayuda Fraterna»
mirate anche al
sollievo e al
conforto, i
problemi di
solitudine.
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Se la narrativa deve riflettere, su diversi registri, la vita umana nei suoi aspetti piś universali, drammatici e incalzanti, é naturale che il problema degli anziani debba trovare in essa spazio e rilievo. In realtį, il problema della terza etį é tra i piś gravi
dell'odierna societį: problema, nello stesso tempo, sociale per il crescente invecchiamento della popolazione, ma soprattutto umano e religioso per
l'emarginazione a cui
l'efficientismo, il
prometeismo dell'homo faber e il giovanilismo condannano l'anziano.
Il problema coinvolge tutti, perché la terza etį bussa all'uscio di tutti, prima o poi. La narrativa non é sociologia, tanto meno gerontologia; é specchio della vita, é intuizione profetica della condizione umana. Non intende analizzare scientificamente il fenomeno degli anziani, ma presentare situazioni esistenziali nelle quali questa massa umana si trova coinvolta. Tali situazioni pongono i seguenti interrogativi: quali realtį premono in forma drammatica sui 500 milioni di anziani che abitano la terra (1)? Quali le ansie, le
prospettive, i problemi che li emarginano e li intristiscono?
Su quali sentieri é possibile sfuggire allo sconforto, al buio e al senso d'inutilitį che li insidiano? La risposta che ci č offerta dall'analisi di talune opere letterarie é complessa e variegata.
Per motivi di chiarezza e di semplificazione la esporremo prospettandola in tre quadri: nel primo incontreremo la sconfitta e la morte, nel secondo il riscatto e la riconciliazione, nel terzo la trasparenza e la trasfigurazione. Ci riferiremo ad autori del nostro tempo.
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Il dramma degli orizzonti
chiusi e vuoti
Nel racconto Un posto pulito, illuminato bene, Ernest Hemingway narra di un vecchio che trascorre le serate in un caffé. É tardi, e tutti se ne sono andati, meno il vecchio: mai che riesca ad andare a letto prima delle tre. Assente, silenzioso, enigmatico. La settimana scorsa ha tentato di uccidersi - disse uno dei camerieri.
Perché? Era disperato. Disperato di che cosa? Di niente. Come fai a sapere che non era niente? Ha un sacco di soldi.
I due camerieri parlano in spagnolo e il termine nada (niente) per il cameriere anziano acquista una risonanza particolare. Non il nada del cameriere giovane,
semplice mancanza di una cosa; č un sentimento che si confonde con la paura: quella paura che si nutre e si sviluppa sul sentimento del nulla, che avvolge e soffoca ogni realtį, che č, anzi, la sola realtį. Siamo nulla, veniamo dal nulla, tendiamo al nulla.
«Alcuni in quel nulla vivevano senza averne coscienza mai, ma egli invece lo sapeva bene, che tutto quanto era nada y pues nada y pues nada.
0 nada nostro che sei nel nada sia nada il nome tuo nada il regno tuo e sia nada la tua volontį cosģ in nada come in nada. Dacci oggi il nostro nada quotidiano e nada a noi nostri nada come noi li diamo ai nostri nada e non nadare noi in nada ma liberaci dal nada; pues nada» (2).
Di giorno e anche di notte si riesce a tener lontano lo spettro del nada purché ci si rifugi in un locale ben illuminato e pieno di voci. Ti stordisci, ti dimentichi, evadi da te stesso.
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(1) Da uno studio dell'ONU del 1980 risulta che le persone di 60 anni e oltre erano 190 milioni nel 1950 e 343 milioni nel 1975, ma saranno circa 580 milioni nel 2000 (cfr. «L'etą inutile? Il problema degli anziani nella societą industriale», in Civ. Catt. 1982 II 118).
(2) E. Hemingway, I quarantanove racconti, Mondadori, Milano 1972, 457.
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