(Rivista Internazionale - Dicembre 1994: Abbiamo l’età della nostra speranza - 5/6)

Ma se nulla può confortarti salvo Dio, Dio veramente sará il tuo consolatore» (12).
La solitudine e il vuoto di un vecchio intellettuale, scampato alla follia bellica, culturale e tecnologica, possono essere superati dal pensiero che Dio solo è la nostra pace e la nostra consolazione. A tale veritá é approdato, dopo tanto andare, Mr. Sammler, nonostante l'incertezza della sua fede.

Fare dell'«etá inutile» l'etá della trasparenza
Gli anziani - lo abbiamo visto - possono riscattare il grigiore della loro etá mediante l'incontro con l'amicizia, l'amore, la trascendenza. C'é di piú: possono anche trasfigurarla, facendone l'etá della trasparenza, cioé l'etá che vede oltre, che vede piú a fondo. Al vigore della mente, che vien meno, subentra l'intelligenza del cuore, e gli orizzonti si illuminano di una luce che rasserena perché dà senso e valore. «La vecchiaia ha bisogno di senso, e non di prolungamenti meccanici in cui la morte si anticipa senza interiorizzarsi». Così scrive il teologo-letterato Olivier Clément in pagine luminose, in cui dimostra che la vecchiaia può diventare l'etá della trasparenza perché «favorisce un'altra conoscenza, quella conoscenza che l'Oriente cristiano designa come l'unione dell'intelligenza e del cuore».
«Guardate i monaci dell'Athos e della Moldavia, quando l'etá li libera da una riserva che spesso ci sembra affettata, ma che costituisce il bozzolo della crisalide: le labbra si affinano e si interiorizzano, la fronte si dilata e si fa di madreperla, il biancore dei capelli e della barba testimonia una trasfigurazione, gli occhi ritrovano lo stupore grave dell'infanzia, ma con qualcosa di opaco, d'impassibile, oltre ogni passione e ogni paura» (13).
Clément, ortodosso, ricorda la trasparenza e la bellezza dei monaci dell'Athos e della Moldavia, e con ragione, Julien Green cattolico, ricorda, nel Journal, un suo grande vecchio amico, J. Maritain.
«Maritain è morto. La sua mano non coprirà più la mia [... ], non ci manderà più i suoi baci, ad Anna e a me, lasciandoci [... ]. Il meraviglioso clochard, principe nel regno di Dio, col suo sorriso di angelo, la sua parola dolce e precisa, e tutta l'anima in fondo ai suoi occhi d'azzurro pallido, ora è nelle dimore beate con colei che amava, nella luce di Gesù» (14).
Maritain aveva 88 anni. Era realmente diventato trasparente, sia per l'approssimarsi dell'incontro con la Luce, sia perché abitato dall'amore. «La vecchiaia non esiste, o piuttosto, esiste vecchiaia solo dove non c'è amore» (15) gli scriveva Julien; e lui, Jacques, di amore sovrabbondava.
La trasparenza della vecchiaia abitata dalla Luce e dalla Grazia è evidenziata molto bene da Luciano Radi nel racconto epistolare Don Marzio e Don Fabrizio. Don Marzio è un vecchio parroco, carico di anni e di acciacchi. Quando attorno a lui avverte il vuoto - degli amici, dei progetti, degli interessi -, la tentazione di chiudersi in se stesso e di cedere alla stanchezza si fa sentire; ma le istanze della fede hanno il sopravvento.
Quando scrive all'amico: «Annullarci per vedere al di là delle cose», lo realizza in sé. Vedere, che cosa? Vedere Dio che vive nel nostro cuore: «Il mio cuore è un tabernacolo di Gesù oggi più di ieri». Vedere anche la moltitudine di anime che ci sta accanto: «Quando penso che nella realtá del Corpo Mistico sono giá insieme a Paolo e Agostino, a Francesco e Benedetto, a Bonaventura e Tommaso, mi si riempie il cuore di gioia». Allora il vecchio prete può anche permettersi di inneggiare alla vecchiaia: «Si, é bella questa mia vecchiaia: è dolce sentire spegnere le proprie energie fisiche e costatare che quelle spirituali rimangono integre. L'anima si libra nell'infinito: non gusto piú le cose, non mi interessano. La gente mi considera inutile, morto ma io vivo giá in Lui» (16).
In un altro romanzo di Radi, Non sono solo, il tema della trasparenza che la vecchiaia può offrire é piú sviluppato e approfondito. La solitudine e la vecchiaia del protagonista si trasformano in una vera ricchezza. Gli permettono di ritrovare se stesso e scoprire mondi inesplorati, di comprendere e trascendere la realtá materiale e vedere al di lá delle cose, lo aiutano a costruire nuovi spazi per il paese dell'anima, a fomentare il senso dell'Assoluto e la nostalgia dell'Alto, a incontrare Dio e l'uomo («La comunione con Dio mi collocava al centro della storia») (17).
Questi stessi concetti, espressi in maniera diversa, apparentemente scanzonata e sbarazzina, sono l'anima di un romanzo delizioso e denso: Carolina dei Miracoli di Ferruccio Parazzoli. Narra di una donnetta sessantaquattrenne, vedova, bruttina, accartocciata in se stessa. Quando muore, non é accolta nell'altro mondo; deve ritornare nel suo corpo di morta e riprendere a vivere, ma una vita nuova. In che senso, nuova?

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(12) S. Bellow, Il pianeta di Mr. Sammler, Feltrinelli, Milano 1971, 224.
(13) 0. Clement, L'altro sole.
(14) J. Green, La bouteille à la mer (1972-1976), Plon, Paris 1976.
(15) Gren - J. Maritain, Une grande amitié. Correspondence (1926-1972), présentée et annotée par J. - P. Piriou, ivi, 1979, 102.
(16) L. Radi, Un grappolo di tonache, Rusconi, Milano 1981, 18 I.
(17) Id., Non sono solo, ivi, 1983, 11. In un libro francese dal titolo Quand les vieux parlent si legge la sorprendente testimonianza di un laico: «Con la prossima primavera avrò 72 anni. Ciò vuol dire che da un lungo tempo faccio parte di quella che si chiama la terza età, tanto più che, a causa di una lunga malattia, sono passato di buon'ora all'invalidità. Ora vi posso assicurare che questo ultimo decennio rappresenta per me la parte più felice della mia vita. La terza età è l'età del riposo, ma non dell'inerzia. Ci sono tante cose da fare, una moltitudine di piccoli servizi da rendere, tante mani tese, tanti cuori da amare, tante sofferenze a cui si può prestare ascolto e portare consolazione, tante gioie da recare o da condividere. Certo è l'età della solitudine. Le file si restringono. Gli amici sono scomparsi. Tutto il passato si cancella a poco a poco, lasciando solo ricordi. Ma questa solitudine è buona e riposante. Si ha tempo di pensare, di riflettere maggiormente. Ci si è staccati, nel corso degli anni, da tante cose, che tutto diventa più semplice. Tutto si allontana, e Dio viene. Egli si fa più presente, sta là tutto vicino, ci guarda, ci ascolta, quando tutto tace. Egli veglia su di noi e ci conduce. E l'ora della fiducia, dell'abbandono, della speranza. à anche l'ora dei rendere grazie. Dopo il beneficio di tante delicatezze divine, di tanto amore, istintivamente viene sulle nostre labbra un canto di riconoscenza: il Magnificat. E' l'ora del raccoglimento, del silenzio. Le rinunzie, le separazioni, le delusioni della vita hanno lasciato il posto libero: l'occupa Dio. Del resto, non è forse vicina l'ora dell'incontro? La terza età è un'età bella. Niente vi è di inutile e se non possiamo fare altro che piccole cose, per Dio niente è piccolo. Tutto è contenuto nell'Eterno» (Riportato in L. Paulussen, Adattamento Apostolico-Pastorale della terza età, CIS, Roma 1979,54S).


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